Tortura (Bollati Boringhieri) by Donatella Di Cesare

Tortura (Bollati Boringhieri) by Donatella Di Cesare

autore:Donatella Di Cesare [Cesare, Donatella Di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2016-10-19T22:00:00+00:00


8. Da Torquemada a Scilingo. Quattro ritratti

Forse nessuna figura è tenebrosa e fosca, enigmatica e perversa, come quella del torturatore. Che assuma l’aspetto altero dell’inquisitore o si nasconda dietro la maschera crudele del boia, con il tempo si è circondato dall’aura favolosa del mito, occupando un posto di primo piano nell’immaginario comune che la letteratura, a sua volta, ha alimentato. Basti pensare al Grande Inquisitore di Dostoevskij. Ciò ha contribuito a respingerlo in una lontananza estranea e rassicurante. Come se il torturatore avesse tratti non umani, mostruosi e diabolici.

Ma chi è realmente il torturatore? Come appare questa figura nel corso della storia? Si possono scorgere caratteri che, pur nelle differenze, tornano a ripetersi? Per rispondere, varrà la pena delineare a larghi tratti quattro figure: la prima, storicamente più distante, e nondimeno famosa, o famigerata, è quella di Tomás de Torquemada, le altre, più vicine, ma forse meno note, sono quelle del generale francese Paul Aussaresses, di Kaing Guek Eav, detto Duch, esponente dei Khmer Rossi, e infine dell’argentino Adolfo Scilingo.

Come a proposito della distinzione introdotta fra tortura e sterminio, anche nel caso del torturatore occorre evitare confusioni fuorvianti. Non si tratta solo di quantità e, dunque, del numero gigantesco di vittime eliminate nella catena di montaggio che funzionava, notte e giorno, nelle officine hitleriane. Il punto dirimente è il faccia a faccia. I nazisti lo sapevano bene. Perciò si sono trincerati dietro le loro scrivanie. Com’è noto, Adolf Eichmann non torturò né uccise mai nessuno. Il che non ne riduce la smisurata, epocale responsabilità. Pur avendo ricoperto cariche gerarchiche diverse, dal semplice aguzzino al comandante di un campo di internamento, il torturatore è quello che ha inflitto violenza senza esimersi dal guardare negli occhi la vittima. Anche là dove si sia limitato a ordinare la violenza. Torturare non è uccidere – l’industrializzazione della morte non ha un equivalente nell’industrializzazione della tortura. E questo perché la tortura è violenza meditata e distillata che richiede un faccia a faccia, non meno che un corpo a corpo.

Forse non tutti sanno che sotto i panni del frate domenicano, confessore di Isabella di Castiglia e di Ferdinando il Cattolico, in seguito primo grande inquisitore di Castiglia e Aragona, si nascondeva il discendente di una famiglia di conversos, ebrei cioè che, più spesso forzatamente, talvolta per libera scelta, si erano convertiti al cristianesimo. Solo nel 1482, quando aveva già sessantuno anni, Torquemada fece il suo ingresso sulla scena della storia. Chiamato a organizzare in poco più di un anno il tribunale generale dell’Inquisizione a Siviglia, restò fino alla sua morte, nel 1498, inquisitore generale e, in questo incarico, fu l’unico funzionario pubblico la cui autorità, ben al di là di quella dei monarchi cattolici, fosse riconosciuta in tutta la Nuova Spagna, di cui diventò simbolo. Il suo nome è legato a un numero ancora oggi imprecisato di vittime imprigionate, umiliate, torturate, messe al rogo. Il suo retaggio sta però anche nell’architettura dell’Inquisizione e nei suoi metodi segreti. Araldo della burocrazia moderna, Torquemada creò un sistema che,



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